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L’importanza della cultura nella traduzione
(1997) "L'importanza della cultura nella traduzione", Tradurre: Un approccio multidisciplinare, (ed) M. Ulrych, UTET, Milan, pp. 31-74.
David Katan
L’importanza della cultura nella traduzione
1. La figura del traduttore come mediatore culturale
Il termine mediatore culturale appare per la prima volta nell’opera di S.Bochner (1981) The Mediating Person and Cultural Identity. L’idea così come espressa nel libro è che la mediazione culturale sia molto più che una traduzione. Il ruolo di mediatore culturale è analogo a quello di un mediatore in qualsiasi altro campo, dall’arbitro al terapista. Lo psicologo sociale australiano R.Taft (1981:53) nel suo contributo al volume, definisce tale ruolo come segue:
“... is the person who facilitates communication, understanding, and action between persons or groups who differ with respect to language and culture.
The role of the mediator is performed by interpreting the expressions, intentions, perceptions, and expectations of each cultural group to the other, that is by establishing and balancing the communication between them. In order to serve as a link in this sense, the mediator must be able to participate to some extent in both cultures. thus a meditaor must be to a certain extent bicultural.” 1
Secondo Taft (1981: 73) per operare come mediatore tra diverse culture una persona deve avere delle cognizioni che siano rilevanti per ogni cultura:
Conoscenza della società:
la storia, il folklore, le tradizioni, le usanze, i valori, i divieti, le condizioni ambientali e la loro importanza, i popoli confinanti, persone di rilievo nella società...;
Doti comunicative:
a livello scritto, orale , non verbale;
Doti tecniche:
quelle richieste dalla professione di mediatore, ad esempio la conoscenza del computer, un certo modo di vestire...
Doti sociali:
conoscenza delle norme che regolano le relazioni sociali nella società, competenza a livello emotivo, ad es. il giusto livello di controllo.
1. “ è colui che facilita la comunicazione, la comprensione e l’azione tra individui o gruppi che si differenziano per linguaggio e cultura.
Il ruolo del mediatore viene svolto interpretando le espressioni, le intenzioni, le percezioni e le aspettative di ogni gruppo culturale verso l’altro, vale a dire stabilendo e bilanciando la comunicazione tra di loro. Per agire come anello in questo senso, il mediatore deve essere in grado di prendere parte in una qualche misura ad entrambe le culture, un mediatore deve dunque essere in un certo qual modo biculturale.”
Nel mediatore non solo “devono coesistere queste qualità” (1981: 53) ma “per agire come mediatore, un individuo deve essere pronto a variare il proprio orientamento culturale”. Dovrà dunque aver sviluppato un elevato grado di sensibilità interculturale e aver raggiunto il livello di ‘ valutazione contestuale’.
Taft (1981: 58) si chiede se essere un mediatore significhi essere un traduttore: la sua risposta è che tradurre è una delle doti , ma che il mediatore è più che un traduttore. I professori di traduzione Basil Hatim e Ian Mason (1990: 128, 223-4) parlano di mediazione e suggeriscono:
“the notion of mediation is a useful way of looking at translators’ decisions regarding the transfer of intertextual reference...”2
Aggiungono poi nel capitolo intitolato ‘ The Translator as Mediator’ :
“The translator is first and foremost a mediator between two parties for whom mutual communication might otherwise be problematic - and this is true of the translator of patents, contracts, verse or fiction just as much as it is of the simultaneous, who can be seen to be mediating in a very direct way.”3
I due autori concludono indicando due modi specifici in cui un traduttore opera come un mediatore:
visione bi-culturale:
Il traduttore ha l’eccezionale compito di identificare e risolvere la disparità tra il segno e il valore tra le culture
lettore critico:
Il traduttore è un ‘lettore privilegiato’ del testo della lingua di partenza. Ha l’opportunità di leggere il testo attentamente prima di tradurlo e quindi è nella posizione di aiutare il lettore creando un testo chiaro quanto il contesto avrebbe garantito.
Il tedesco Albrecht Neubert, teorico della traduzione, e Gregory Shreve (1992: 54) approfondiscono tale concetto sostenendo che le traduzioni dovrebbero operare come “interruttore della conoscenza tra membri di comunità disgiunte”. Nella sua pubblicazione sulla critica alla traduzione, Edwin Gentzler (1993: 77) aggiunge che il testo è sempre una parte della storia, di consequenza si avrà la necessità di mediare tra contesti storici diversi... Secondo Gentzler dunque l’obbiettivo della traduzione è il sequente modo di mediare tra culture:
“Its mediating role is more than synchronic transfer of meaning across cultures; it mediates diachronically as well, in multiple historical traditions.”4
2 “ La nozione di mediazione è un modo utile di considerare le decisioni dei traduttori riguardo il trasferimento della referenza intertestuale...”
3 “Il traduttore è prima di tutto un mediatore tra due parti per le quali la comunicazione potrebbe altrimenti essere problematica - e questo vale per il traduttore di patenti, contratti, versi e romanzi proprio come per l’interprete simultaneo che può esser visto come mediatore in un modo molto diretto.”
4 “Il suo ruolo di mediazione è più che un trasferimento sincronico di significato tra culture; è anche una mediazione diacronica in tradizioni storiche multiple.”
Riferendosi al ruolo del traduttore studiosi come Hans Vermeer (1978) e Mary Snell-Hornby (1988) hanno impegato il termine ‘bi-culturale’ per descrivere tale professione. Se un traduttore deve esser biculturale allora sarà necessario che sappia ciò che si intende per cultura, la sua incidenza sul significato testuale, le possibili variazioni da apportare traducendo da un contesto di cultura ad un altro. Di seguito si studierà il concetto di cultura e il suo influsso sulla traduzione.
2. La triade della cultura di Hall
Secondo Peter Newmark (1982: 83; 1988:6) “ nel 1980 nessun termine concettuale o mentale può essere identificato con una cultura, e ogni nuovo termine concettuale dovrebbe essere tradotto”, e:
“No language, no culture is so ‘primitive’ that it cannot embrace the terms and concepts of, say, computer technology or plainsong.”5
Ad una prima lettura tale affermazione sembra essere in aperto contrasto con un commento come quello di Eugene Nida (1964: 159):
“Reader response can never be identical to the original due to different historical, cultural and environmental contexts.”6
Eppure , come si avrà modo di notare, entrambi le affermazioni sono ugualmente veritiere.Tutto dipende dalla cultura di cui si sta parlando e dal grado di effetto contestuale implicato.
2.1 Cultura tecnica
Si tratta di una cultura scientifica il cui oggetto sono i fatti quali procedure, liste, prezzi e manuali. Tutta l’informazione contenuta nel messaggio è esplicita, verbalizzata. A questo livello, come sostiene Newmark, la traduzione non costituisce un problema. Il fatto che si potrebbe rendere necessario l’uso di più testo per spiegare il concetto, dato che il mondo è categorizzato in modi diversi o che il concetto non esiste,
5 “ Nessun linguaggio, nessuna cultura è così ‘primitiva’ da non poter inglobare i termini e i concetti dell’informatica o del canto ”
6 “ La risposta del lettore non può mai essere identica a quella dell’originale dati i diversi contesti storici, culturali ed ambientali.”
non è sicuramente un ostacolo nè per il traduttore come mediatore culturale nè al lettore della lingua di arrivo.
L’espressione “to watch sheep by night” suona perfettamente naturale in inglese eppure richiede cinque parole. Nel Quichè del Guatemala è necessaria solo una parola (Beekman e Callow 1974: 54-55). Il dizionario Italiano Collins (1995) alla voce “targhe alterne” riporta una definizione addirittura più lunga ma non meno chiara:
circolazione a targhe alterne (Aut) anti-pollution measure whereby, on days with an even date, only cars whose numberplate ends in an even number may be on the road, while on days with an odd date, onnly numberplate ends in an odd number may be on the road..
Dunque a livello tecnico non si renderà mai necessaria la minima perdita o distorsione di significato . Eppure è a questo stesso livello che il cliente specialista è più attento e nota gli errori di un traduttore non specializzato. E’ chiaro che senza la conoscenza del linguaggio tecnico, ad esempio dell’assicurazione aeronautica, dei laminatoi d’acciaio o del perimetro automatico il traduttore non specializzato non sarà in grado di lavorare in modo efficiente.
In questi casi e a questo livello il valido interprete e traduttore non solo dovrà avere una padronanza delle due lingue simile a quella di un madrelingua ma dovrà anche sapere dove reperire in modo efficiente le informazioni tecniche: dai trattati, dai dizionari, dalle enciclopedie, dai glossari (quali le preziose tesi realizzate alla SSLMIT), dai thesauri, da materiale cartaceo o da supporti informatici (1) e naturalmente attraverso la consulenza di esperti. Ancora più prezioso sarà il sussidio di testi paralleli scritti nella lingua di arrivo da madrelingua.
2.2 Cultura formale
E’ un livello di cultura legato alle regole. Esiste un modo corretto e non corretto di fare, dire e scrivere le cose. Tali regole pur non essendo di norma verbalizzate o trascritte, possono essere comunque descritte. Tale livello riguarda ambiti quali il registro, il genere, le regole della conversazione, l’adeguatezza, ciò che è accettato e non nella vita sociale.
(1) Si veda ad esempio Stefania Novelli (1996) sui servizi Internet per il traduttore.
Newmark (1988: 156) in realtà mette in guardia dalle “possibili differenze culturali e professionali tra il pubblico della lingua d’arrivo e quello della lingua di partenza, “ e spiega che essi dovranno essere tenuti presente quando ci si avvicina ad un testo tecnico.Viene qui riportato un testo completo esemplificativo di traduzione della composizione dei prodotti alimentari. La logica indurrebbe a pensare che i regolamenti armonizzati della Comunità Europea e le etichette degli ingredienti rappresentino un semplice caso di traduzione letterale. Ci si aspetterebbe dunque di trovarsi di fronte ad un problema lessicale uguale a quello che può sorgere - come si è visto nel paragrafo precedente - per una traduzione a livello tecnico.
Tuttavia a questo livello formale i problemina nascono dal fatto che ogni paese ha il suo modo di fare le cose - in questo caso di definire gli ingredienti:
Italian
French
Portuguese
DESSERT A BASE
DI YOGURT E
PREAPRAZIONE
DOLCIARIA ALLA
FRUTTA
Ingredienti:yogurt
(latte parzialmente
scremato, fermenti
lattici vivi)
preparazione
dolciaria alla frutta
(24%) (frutta*,
zucchero amido
modificato,
gelificante: pectina, aromi) *vedi coperchio per la specificazione della frutta.
Da consumare entro: vedi coperchio.
Conservare in frigo a +4°C.
Prodotto in Germania
YAOURT AUX
FRUITS
Ingrédients: Lait
demi-écréme,
préparation de
fruits 24% (soit fruits:12%),
sucre, arômes, ferments lactiques.
Conservation à +6°C
maximum. A consommer jusqà
(voir couvercle).
Fabriqué en UE
IOGURTE MEIO
GORDO COM
FRUTA
Ingredientes: LEITE
MEIO GORDO
FERMENTADO
(1.8 % M.G.),
preparado de fruta
(11%), aromas, açùcar.
Consumir atè: ver
tampa. Com L-
bulgaricus e S-
thermophilus.
Conservar entre +oC e +6C.
Produzido na U.E.
Le differenze tra le definizioni tecniche richieste è chiara, così come lo sono le discrepanze numeriche. Sebbene tutti i paesi rispettino le leggi comunitarie in materia di etichette alimentari ed i requisiti tecnici, solo alcune delle indicazioni solo obbligatorie a livello CEE. Come i paesi trattano l’informazione tecnica e ciò che si ritiene sia importante non è certamente pan-culturale.
Il diverso modo di dare informazione è solo un esempio del fatto che ogni cultura ha diversi modi di comportarsi.
I traduttori devono essere esperti delle usanze, delle abitudini e tradizioni delle due culture che si trova a mediare. Dovranno anche conoscere la geografia e la storia sociale e politica contemporanea. Esse costituiscono l’ossatura delle condizioni cognitive di quella data cultura; il che significa anche essere consapevoli della cultura popolare ( i suoi eroi, la televisione, i film, le personalità...)
In effetti Akira Mizuno (in Tebble, 1196) un interprete praticante nel settore della trasmissione televisiva/radiofonica sostiene che la traduzione della cultura popolare rappresenta una delle più grosse sfide per i produttori giapponese. Egli presenta una lista di alcune ricorrenti espressioni americane che gli hanno creato la più grande difficoltà di traduzione per il pubblico giapponese:
• Superman
• the tooth fairy
• “Kilroy was here”
• Clark Kent
• the Brooklyn Bridge
• “I saw Elvis”
• Kryptonite
• the Checkers Speech
• “Just the facts ma’am”
• the Daily Planet
• Gilligan’s Island
• “As Sergeant Joe Friday used to say”
2.3 Cultura inconscia, informale
A questo livello non si hanno regole scritte, ma modelli subsconsci a cui si risponde. E’ a questo livello che gli effetti contestuali vengono percepiti.
Il significato di ogni messaggio in definitiva risiede qui. Questo è il livello dei valori legati alla cultura e alle credenze e riguarda ciò che si presuppone sia vero.
Ad un livello tecnico ogni testo può essere tradotto, ma laddove vi sia comunicazione che riguardi il contesto (come l’idea sul modo di fare le cose), il significato di un testo non dipende più solamente dalle parole, ma da un alto grado di cooperazione da parte del lettore per colmare reciprocamente ciò che è implicito nella comunicazione. Tuttavia, come Carol Taylor Torsello (1984: 78) fa notare, le idee circa il significato non solo convergono, ma divergono anche e sono incoerenti.
Un fatto ancora più importante:
“... convergence is probably impossible without cooperation, and even where cooperation exists, the world-views of the participants may fail to converge.”7
Questo è il livello dell’informalità o il livello inconscio della cultura ed è il livello al quale il mediatore dovrebbe essere in grado di intervenire e mediare. La concezione del mondo, la mappa o il modello del mondo è il risultato di molti filtri che formano modelli inconsci, o “modi di percezione”. Uno dei più importanti filtri è “l’orientamento culturale”.
Così come una bottiglia di vino può essere vista come mezza piena o mezza vuota anche un testo può essere interpretato secondo un orientamento interno; generando in tal modo una distorsione interna di ciò che puo' essere identificabile efficacemente ed
7 “ ... la convergenza è probabilmente impossibile senza la cooperazione, e persino dove essa esiste, le visioni del mondo dei partecipanti possono non convergere.”
oggettivamente.
Ed è attraverso una serie di orientamenti culturali (e di altro genere) che si concepisce l’interpretazione del testo.
L’antropologo americano Edward Sapir sottolineò che la traduzione non implica una variazione del termine ma della percezione della realtà. Come Malinowski (1923 1994), che coniò il termine “contesto di cultura”, Sapir (1929: 214) era dell’idea che il linguaggio potesse essere solo interpretato nell’ambito di una cultura. Nonostante tutto fece un passo in avanti suggerendo:
“...no two languages are ever sufficiently similar to be considered as representing the same reality. The worlds in which different societies live are distinct worlds, not merely the same worls with different labels.”8
Un ottimo esempio a questo riguardo, come nota Bassnett (1991: 28-29) , tra gli altri, è quello della pubblicità. Raramente i testi vengono tradotti direttamente, dal momento che il prodotto venduto è diretto ad un’organizzazione diversa di valori. Tradurre da una cultura all’altra richiede una distorsione del messaggio in superficie per mantenere invariato il messaggio nascosto.
Florence Kluckhon (1961: 1341) coniò il termine “orientamenti di valori” per spiegare la relazione tra la realtà e la percezione di una cultura:
“Value orientations are complex but definitely patterned (rank-ordered) principles, resulting from the transactional interplay of three analytically distinguishable elements of the evaluative process [...] at which give order and direction to the ever-flowing stream of human acts and thoughts as these relate to the solution of ‘common human problems.”9
Tali orientamenti filtrano la percezione del termine linguistico in modo inconscio. La teoria dell’Iceberg (2) rappresenta un’ottima metafora per indicare questo processo.
Brake , et al. (1995) sono tra gli ultimi ad aver integrato la lista originale di 5 orientamenti di valori prodotta da Kluckhohn. La loro lista degli orientamenti non in superficie è qui di seguito riportata:
8 “...non esistono due lingue sufficientemente simili da essere considerate espressione della stessa realtà. I mondi in cui società diverse vivono sono mondi distinti , non lo stesso mondo con etichette diverse.”
9 “Gli orientamenti di valori sono principi complessi ma precisamente organizzati (ordinati), derivanti dal gioco transazionale di tre elementi distinguibili analiticamente del processo di valutazione [...] che danno ordine e direzione al flusso senza fine di atti e pensieri umani legati alla risoluzione di problemi ‘comuni all’umanità’.
(2) La teoria dell’Iceberg , secondo la quale ciò che è più importante è invisibile, viene divulgata in riferimento alla cultura da Edward T.Hall negli anni ‘50 (1952 ripubblicato nel 1990). Hall cita altre distinzioni (visibile/invisibile) come quella operata da Clyde e Florence Kluckhohn tra ‘esplicito’ ed ‘implicito’ e di Ralph Linton tra ‘velato’ e ‘manifesto’.
LINGUAGGIO
musica, arte, gastronomia, saluti, modo di vestire
maniere, rituali, comportamento esteriore
Ambiente
controllo/armonia/forzatura
Tempo
multipolare/monopolare
fisso/fluido
passato/presente/futuro
Azione
inazione/azione
Communicazione
contesto sottointeso/da definire
immediata/indiretta
formale/informale
Spazio
privato/pubblico
Potere
gerarchia/eguaglianza
Individualismo
individualista/collettivista
universalista/particolarista
Competitività
competitivo/cooperativo
Struttura
ordine/flessibilità
Pensiero
deduttivo/induttivo
lineare/sistematico
3. Contesto
Uno degli orientamenti guida. che forse potrebbe essere definito meta-orientamento, è l’orientamento verso la comunicazione , certamente il più utile direttamente al traduttore. Sebbene Brake et al. suddividano la comunicazione in tre precisi orientamenti è necessario fare due osservazioni. Innanzitutto, nell’ambito della comunicazione l’orientamento verso un contesto sottointeso / da definire risulta essere il filtro principale attraverso cui la realtà viene percepita, e secondo molti autori è legato direttamente allo sviluppo dell’emisfero.(3) In secondo luogo esistono molti altri suborientamenti , alcuni dei quali verranno discussi in seguito.
Il termine “contesto” viene coniato da Hall nel 1976 in riferimento all’orientamento della comunicazione di una cultura, concetto sviluppato dallo stesso autore nel 1983 (59-77).
Il concetto base è che gli individui, i gruppi e le culture ( in tempi diversi) attribuiscono priorità differenti in riferimento alla quantità di informazione (testo) che si rende necessario esplicitare affinchè la comunicazione sia possibile.
I termini “testo” e “contesto” assumono un particolare significato in questa sede.
Per contesto si intende “l’informazione immagazzinata” e come tale si avvicina al concetto hallidiano di “ambiente non verbale del testo” composto dal “ contesto di situazione e [dal] più ampio contesto di cultura”. In termini di comunicazione. secondo la definizione di Hall (1983: 61) il contesto è “la quantità di informazione che si suppone l’altra persona possieda su un dato argomento”, mentre il testo risulta essere “l’informazione trasmessa”.
Si hanno due estremi (teoretici), ognuno dei quali rappresentato da un triangolo:
figura(testo/contesto)
Ad un estremo, tutta l’informazione che deve essere trasmessa è resa visibile o esplicita nel triangolo “testo”. Mentre all’altro estremo non si rende necessario alcun testo dato che l’informazione è implicita o è contenuta nel triangolo “contesto”. Il diagramma tratto da Hall dimostra come entrambi i triangoli operano insieme in un continuum per formare il messaggio. Hall (1983: 61) spiega che:
“... as context is lost, information must be added if meaning is to remain constant.”10
figura
(3) Vedi ad esempio Watzlawick (1993), Gran (1989: 93-100), Grinder (1993), Hampden-Turner (1981)
10 “..in caso di perdita del contesto,è necessario aggiungere informazione se il significato deve rimanenere costante.”
Secondo Halll il contesto è un aspetto fondamentale della cultura, e i membri di una cultura avranno un’inclinazione comune verso la comunicazione attraverso il testo (LLC)(4) o il contesto (HCC), e questo è il loro principio guida in riferimento a tutte le decisioni che devono essere prese.
Il fatto che una cultura sia più orientata verso HCC O LLC significa che esisteranno altri orientamenti legati a testo/contesto.
Victor (1992) e Simons et al (1993) hanno prodotto delle liste di peculiarità (semplificate più che effettive) di questi due diversi orientamenti.
Con alcuni adattamenti esse vengono elencate qui di seguito:(5)
Peculiarità dei modi operativi di un contesto da definire e sottointeso.
Intreccio a maglia rada
Intreccio a maglia fitta
poco radicato
fortemente radicato
Accento posto su...
Accento posto su...
testo
contesto
fatti
relazioni/sentimenti
immediatezza
grado di mediazione
consistenza
flessibilità
sostanza
apparenza (sociale/personale)
regole
circostanze
tempo monolineare
tempo polineare
Rosch e Segler, tra gli altri, hanno definito un continuum del contesto idealizzato.
Il loro spettro viene citato nell’opera di David Victor destinata al mondo economico . La teoria di Hall in realtà è stata approfondita, come del resto gran parte della teoria antropologica, nel campo molto pragmatico dell’economia più che in ogni altro settore.
figura
(4) LCC sta per Low Context Communication (Comunicazione a Contesto da Definire);
HCC sta per High Context Communication ( Comunicazione a Contesto Sottointeso)
(5) Questa polarità è discussa anche da Gran (1989: 93-100) in termini di interpretazione ed emisfero del cervello.
A differenza di quanto avviene in Gran Bretagna ed in Nord America in Italia si tende a far circolare l’informazione attraverso canali informali (il contesto).
Ad esempio l’acquisto e la vendita di una casa nel Regno Unito segue un certo iter che implica un un grosso volume di informazione testuale. L’acquirente viene sempre attratto da un prospetto informativo. Il prospetto può ( di norma lo è) essere di 3/4 pagine. Il contratto tra acquirente e venditore con l’agente immobiliare è sempre scritto, e indica specificatamente le responsabilità, i diritti e le esclusioni. Il rapporto del geometra richiede tempo, denaro ma è necessario nell’aquisto di un casa in Gran Bretagna.
Nessuna delle procedure sopra citate fa parte della normale trafila da seguire nell’acquisto di una casa in Italia. Se l’informazione viene data, viene in genere data a voce. Di qui la percezione legata alla cultura, l’interpetazione e l’erronea traduzione della seguente espressione:
I went to the Estate Agent on Saturday and he gave me the details of the house
Sabato sono andato dall’agente immobiliare e mi ha dato le informazioni sulla casa
Ad una prima lettura la traduzione sembra essere corretta, eppure si dovrebbe notare che il verbo ‘give/dare’ non è specificato. In entrambi i casi si ha un’ eliminazione. Ci si deve chiedere
In che modo l’agente immobiliare fornisce l’informazione?
Dovrebbe essere subito chiaro che la presupposizione dietro il ‘come’ è diversa. In inglese la forma rappresentazionale completa risulterebbe:
He handed me the written sale particulars of the house for me to read.
La presupposizione dietro la struttura di superficie in italiano è una resa verbale:
Mi ha spiegato com’è la casa/ He told me what the house was like.
Si considerà ora un certo numero di suborientamenti , tutti legati alla priorità assegnata al ‘testo’ o al ‘contesto’. Le culture si differenziano nella scelta degli orientamenti soprattutto attraverso il loro orientamento verso il testo/contesto. Nonostante ciò tali suborientamenti saranno influenzati anche da altri orientamenti quali la tendenza di una cultura verso l’azione/ l’inazione o verso l’ordine e la flessibilità.
3.1 Fatti/Emozioni
3.1.1. Notizie giornalistiche
Viene qui presentato un esempio di notizia giornalistica italiana , americana ed inglese. Il Corriere della Sera viene confrontato con il Washington Post e l’Independent in riferimento ad articoli relativi allo stesso evento verificatosi nello stesso giorno: il tentato colpo di stato in Russia nel 1993 (Katan, in corso di stampa). La ricerca è focalizzata sull’analisi degli aspetti estrinseci, vale a dire (Downing & Locke 1992: 459)
“...those factors realised by the qualifier, [which] identify an entity by something outside it, or add supplementary information...”11
La ragione per cui si è scelta la presenza o l’assenza di aspetti estrinseci è data dal fatto che essi sono una chiara indicazione dell’inclinazione al contesto di un testo e di conseguenza del lettore.
Segue una lista dei maggiori attori e luoghi e dei relativi aspetti estrinseci come sopra menzionato negli articoli sul tentato colpo del 3 ottobre 1993 a Mosca:
Key:
The Independent
the Washington Post
Il Corriere della Sera
President Boris Yeltsin
President Boris Yeltsin
Boris Eltsin
The White House
The parliament, known here as the White House
La Casa Bianca
supporters of the Soviet-era parliament, the (pro-Rutskoi) fighters
hard-line rebels
sostenitori di Rutskoi e Khasbulatov
Their leaders, Vice President Alexander Rutskoi and Speaker Ruslan Khasbulatov
Alexander Rutskoi, the self proclaimed ‘president’ leading the anti-Yeltsin forces
Alexander Rutskoi, che incita alla rivolta...
11 “... quei fattori definiti attraverso il qualificatore, (che) identificano un’entità facendo riferimento a qualcosa di esterno ad essa, o aggiungono informazione supplementare...”
the Otskankino television centre
state television complex/ the television station in Northeast Moscow.
alla televisione
the offices of Itar-Tass news agency
The Russian Tass news agency
alla Tass
Come si nota è riscontrabile un maggior grado di qualificazione sia su The independent che sul Washington Post rispetto al Corriere della Sera. Dunque, come ci si aspetterebbe da culture relativamente LCC, al lettore americano e britannico viene fornita una maggiore quantità di informazione nel testo rispetto a quella fornita al lettore italiano. Le ragioni sono diverse.
Innanzitutto si può supporre che i lettori italiani, come membri di una cultura comunicazione a maggior contesto sottointeso, abbiano una più ampia conoscenza enciclopedica ottenuta da altre fonti.
Oppure si può avere un orientamento verso un altro valore, quello delle emozioni o delle relazioni - il più ampio quadro sia sincronico che diacronico. Una ricerca aneddotica suggerirebbe che le culture HCC tendono ad assegnare priorità alle relazioni tra eventi, mentre le culture lcc pongono l’accento sul fatto in sè. (6)
Il lavoro di Katan (in corsodi stampa,a) dimostra come il quotidiano italiano ha optato coerentemente per un numero maggiore di verbi relazionali rispetto a quello inglese ed americano, e che l’orientamento anglo-americano è risultato verso i processi materiali perfino negli editoriali.
3.2 Carico di informazione
Larson spiega (1984:438):
“The information load is related to the speed at which new information is introduced, and to the amount of new information which the language normally incorporates in particular constructions. Some languages introduce information slowly. Others use complicated noun phrases which allow for information to be introduced more rapidly.”12
(6) Vedere in particolare il lavoro di Tannen (1993) sulle differenze riferite oralmente tra soggetti greci HCC e americani LLC, e la ricerca di Sifanou su soggetti greci ed inglesi al telefono.
(7) I processi relazionali ‘mettono in relazione’ eventi, circostanze, individui. Sono i processi dell’’essere’.
Al contrario i processi materiali sono processi ‘del fare’.Tale suddivisione si base aull’analisi della transitività di Halliday(1994)
12“Il carico di informazione è lagato alla velocità alla quale nuova informazione viene introdotta, e alla quantità di nuova informazione che il linguaggio normalmente incorpora in particolari costruzioni.
Alcuni linguaggi introducono l’informazione lentamente. Altri fanno uso di complicati complessi nominali che consentono di introdurre più rapidamente l’informazione.”
I traduttori della Bibbia, essendo particolarmente interessati ad una efficace trasmissione del messaggio, furono i primi a rendersi conto dell’importanza delle differenze culturali nel carico di informazione e della necessità di tradurre di conseguenza. Headland (1981) ad esempio spiega i problemi sorti dalla traduzione del Nuovo Testamento dei Casiguri Dugamat sudamericani.
La traduzione aggiornata più accuratamente dal punto di vista tecnico non venne apprezzata da lettori della lingua d’arrivo. Le ragioni erano da ricercare nella differenza nell’orientamento verso il tasso di informazione che causava un sovraccarico di informazione e problemi di comunicazione. I traduttori della Bibbia in questo caso non avevano tenuto in considerazione le preferenze dei lettori Casiguran Dumagat verso un carico di informazione particolarmente ridotto.
Un problema analogo si presentò nella traduzione della Bibbia per un’altra popolazione sudamericana, i Guarani del Paraguay. I traduttori avevano deciso che un approccio più idiomatico ( ad es. più esplicito che allusivo) si rendeva necessario per chiarire il messaggio. Tuttavia, come fa notare Dooley (1989: 52):
“The ‘idiomatic approach’ transaltion was effectively rejected and much implcit information that had been made explicit in the text [in the revised translation] was relaegated to a footnote, a picture, the glossary or eliminated altogether.”13
L’obbiettivo di un mediatore culturale sarà quello di variare il carico di informazione a seconda della cultura considerando il livello di informazione nell’originale.
3.3 Immediatezza/ non-immediatezza
In generale, ma assolutamente non sempre, una cultura HCC tenderà a favorire una comunicazionenon-immediata nella trasmissione di informazione.
All’altro estremo del continuum una cultura LCC favorirà una comunicazione chiara non ambigua ed esplicita (8), il che crea problemi nella traduzione da un tipo di cultura ad un altro. Come lo studioso cinese Rober Kapp (1983: 20-1) sottolinea:
“The indirection that permeates Chinese speech even in translation, can be particularly disconcerting to Americans”14
(8) ad esempio è più probabile che un orientamento verso una separazione dell’obbiettico e della relazioni (azione) generi dia luogo ad uno stile più diretto, come il tedesco a LLC.
13 “ La traduzione con un approccio idiomatico fu di fatto rifiutata e gran parte dell’informazione implicita che era stata resa esplicita nel testo (nella traduzione rivisitata) fu relegata ad un nota a piè pagina, una figura, un glossario o eliminata del tutto”.
14 “ la non-immediatezza che permea il discorso cinese anche nella traduzione, può essere per gli americani alquanto sconcertante.”
Ponendo a confronto l’italiano con l’inglese Anna Wierzbicka (1986b: 145) nota la preponderanza di imperativi (diretti) in italiano e ritiene che la relativa assenza di queste forme verbali sia da porre in relazione ai valori base inglesi di libertà, rispetto per la privacy, principi di gentilizza negativa e il desiderio di riservatezza. Tuttavia questo non significa che l’inglese non impieghi ad esempio forme dirette, che come Tannen (1985: 205) sostiene:
“There are cultural differences with respect to how and what type of indirectness is expected in particular settings.”15
Ad esempio può essere corretto sia in inglese che in italiano impiegare l’imperativo per poter richiedere un’informazione come dimostra il seguente estratto da ‘The Dead’, una delle brevi storie contenute in Dubliners di James Joyce . Gabriel, un amico di famiglia di meza età si accinge a iniziare una conversazione con l’adolescente Lily (traduzione di Anne & Adriano Lami, 1933):
- Tell me, Lily, he said in a friendly tone, do you still go to school?
- O no, sir, she answered, I’m done with schooling this year and more.
- Dimmi, Lily, - disse in tono amichevole, vai ancora a scuola?
- Oh no, signore - rispose, - è già più di un anno che ho lasciato la scuola.
Ad ogni modo, se “dimmi” assumesse il significato di “sto ascoltando” non sarebbe corretto renderlo con “Tell me”.
Italo Calvino, “Pesci grossi, pesci piccoli”, trans. Archibold Colquhoun:
- signorina, - chiese.
- Dimmi.
- Perchè piange?
- Perchè sono sfortunata in amore
- Ah!